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Il primo giornale di Cetara

Il borgo marinaro di Cetara tra i versi di Alfonso Gatto, mappe e litografie

-di Daniele Magliano-

“Odorava di ragia, di fragaglia la costa di Cetara e d’Erchie sale nella memoria, tesse i muri, impaglia le pergole di agrumi: per le scale dei monti svetta il bianco delle case”. Con i suoi versi, il poeta Alfonso Gatto presentava al suo lettore il piccolo borgo e la sua costa sottolineando, con dolcezza poetica, tutte le peculiarità geografiche, urbanistiche e architettoniche di un piccolo paese di mare della Divina Costiera Amalfitana.

Cetara deve il suo nome proprio al mare, più specificamente all’attività della cetaria, ovvero la pesca dei tonni, e i cetaresi erano grandi cacciatori di pesce spada e tonno. Fino a non molto tempo fa, la vita dei suoi abitanti era scandita dalle stagioni: d’inverno si dedicavano alla terra e in particolare alla coltivazione dei limoneti e degli olivi, d’estate erano dediti alla pesca di tonni, alici e pesce spada.

Il borgo si adagia su una sorta di quinta scenica naturale caratterizzata dalle montagne con i suoi muretti a secco che racchiudono coltivazioni di agrumeti, uliveti e vigneti.

Cetara ha, inoltre, alcuni tesori storico-architettonici di grande rilievo come la chiesa di San Pietro, quella di San Francesco o ancora l’imponente Torre posta all’ingresso orientale del paese.

La struttura difensiva è un elemento storico di particolare interesse, sia dal punto di vista visivo (la torre degrada verso il mare) che prettamente architettonico e storico. Fu realizzata nel periodo angioino, a seguito della guerra del Vespro, allorquando numerosi vascelli iniziarono a risalire la costa dalla Sicilia raggiungendo anche la Campania. Divenne un sistema di difesa nel complesso di una serie di torri, dette “semaforiche”, utilizzate per la segnalazione di eventuali incursioni dal mare verso le aree interne.

Fu allora che, sul lato più orientale del piccolo borgo, posta su una scogliera a picco sul mare, venne realizzata una torre di avvistamento ovoidale. Nel XVI secolo, sotto il Vice-regno spagnolo, dopo numerosi attacchi da parte delle flotte turche, Don Pedro da Toledo realizzò ulteriori nuove torri lungo la costa meridionale d’Italia.

La Torre di Cetara venne modificata o meglio ad essa si aggiunse una ulteriore struttura a doppia altezza il cui progetto, risalente al 1567, venne affidato al mastro fabbricatore cavese Camillo Casaburi. Per raggiungere la Torre da terra, era presente un ponte levatoio con un piccolo torrino.

La strada Statale “Amalfitana” non era ancora presente come attesta una vecchia mappa risalente al 1809 realizzata dal geografo Giovanni Antonio Rizzi Zannoni, in cui si osservano i piccoli borghi della Costiera separati tra di loro e raggiungibili solo via mare.  In particolare si può notare il paesino di Cetara con la sua Torre ad est.

L’Amalfitana verrà progettata dagli ingegneri borbonici solo alcuni anni dopo e realizzata tra il 1832 e il 1850. La Torre subì ulteriori trasformazioni nel XX secolo con la realizzazione di una serie di sopraelevazioni.

Molto interessante è una litografia di Carl Johan Billmark risalente alla prima metà del XIX secolo: si rappresenta il borgo dal mare, con una vista da est, con la Torre in primo piano mentre, in lontananza, spicca la cupola della chiesa di San Pietro posta nel cuore del paese. Ben evidenti sono, inoltre il fronte mare del borgo e i monti Lattari che degradano verso il mare in cui si adagiano dei velieri di pescatori. Anche qui possiamo notare l’assenza della Statale di collegamento.

Nel 1998 la Torre venne acquistata dal Comune di Cetara e sottoposta a restauro e consolidamento i cui lavori si conclusero nel 2011, per divenire, per volere dell’artista cetarese Ugo Marano, Museo Civico nel 2012.

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