Si inaugura oggi, venerdì 11 luglio alle ore 18, nella splendida cornice di Villa Rufolo a Ravello, la mostra “Le Donne dell’Antichità” di Anselm Kiefer, tra i più importanti artisti viventi, presentata dalla Fondazione Ravello in collaborazione con la Galleria Lia Rumma nell’ambito del Ravello Festival 2025.
La mostra – aperta fino al 2 settembre 2025 – mette al centro la figura femminile come archetipo e forza generatrice, distruttrice, iniziatica. Le “donne” evocate da Kiefer sono presenze mitiche e simboliche: emergono dalla storia romana, dalla mitologia greca, dalle tradizioni nordiche, come testimoni e narratrici di un sapere antico, sospese in uno spazio fuori dal tempo, tra rovine, memorie e ritualità.
Il percorso espositivo tra l’esterno e l’interno di Villa Rufolo apre un dialogo scenico tra le opere e il complesso monumentale del XIII secolo: sono sette “Le Donne dell’Antichità” che abitano gli spazi aperti, dal chiostro al giardino. Anselm Kiefer racconta così la genesi di queste figure femminili: «Ho letto Saffo su testi di uomini che hanno tramandato la sua poesia. Nella storia ci sono così tante scienziate e alchimiste che non hanno potuto firmare i loro trattati perché erano donne. A volte la firma è solo l’iniziale, altre il nome del marito. Le donne sono sempre state molto più potenti degli uomini per questo gli uomini hanno inventato ogni stratagemma culturale per lasciarle ai margini».
Sculture immacolate di corpi senza volto, teste assenti, sostituite da materiali stratificati come piombo, cenere, terracotta, fiori, rami, vetro, filo spinato: un linguaggio potente e poetico che riflette sulla memoria collettiva, sul rapporto tra mito e contemporaneità, tra conoscenza e trasformazione.
Come Paete omaggio ad Arria, che pronunciò il celebre “Paete, non dolet!” prima di togliersi la vita, – a cui Kiefer ha dedicato diverse opere – collocate tra l’ingresso e i giardini di Villa Rufolo: figure bianche, sospese tra presenza e assenza, materia e spirito, realizzate con materiali come bronzo, piombo e filo spinato, evocano la forza archetipica del femminile. Nel Chiostro Moresco, cuore simbolico e architettonico della Villa, è collocata Apollodors Liste (2004): un abito bianco in vetroresina con un lungo strascico, sormontato da una bobina di piombo su cui scorrono fotografie dello studio di Kiefer, architetture in rovina ed elementi ricorrenti della sua poetica. Come un nastro della memoria, la bobina evoca lo scorrere della storia e il ritorno ciclico del mito nel tempo presente. Sul Belvedere Solaris “illuminata dal sole” richiama la dimensione cosmica e l’irraggiamento solare che pervade l’universo, sottolineando il legame profondo tra luce, tempo e memoria che attraversa tutta la ricerca di Kiefer. Nei giardini che si affacciano sul mare Demetra, Gezabele e Tusnelda sono “custodite” sotto le enormi arcate ogivali, mentre le vetrine disposte ai piani superiori della Villa custodiscono elementi organici e simbolici – spighe, gusci d’uovo, piume e piombo – come reliquie della memoria in una narrazione visiva che attraversa tempo, mito e materia. «Il vetro delle vetrine – spiega Kiefer – è in qualche modo una pelle semipermeabile che collega l’arte con il mondo esterno in una relazione dialettica».
«La mostra di Anselm Kiefer alla 73a edizione del Festival – sottolinea Alessio Vlad, presidente della Fondazione Ravello – vuole stabilire un legame ideale con la visita che Wagner fece a Ravello nel 1880. Mi piace pensare che, come allora, un grande artista tedesco elegga Ravello come luogo simbolico dove il mondo del Nord dell’Europa incontra quello del Sud nella comune ricerca di una mitologia condivisa. Con questo progetto diamo avvio a un percorso organico della Fondazione dedicato all’arte contemporanea. Siamo grati alla Regione Campania che, con il suo sostegno, lo rende possibile».